Patologie

Retinopatie vascolari

L’occlusione venosa retinica

L’occlusione venosa retinica (RVO) consiste nell’arresto del flusso sanguigno in una vena della retina, che provoca il deterioramento della vista, più o meno grave, generalmente improvviso.

Sotto questa definizione sono in realtà comprese varie patologie, che differiscono per cause, aspetti clinici, decorso e complicanze.

Il blocco della circolazione ematica provoca emorragie retiniche, con lo sviluppo di aree ischemiche, cioè scarsamente irrorate, o di edema maculare, con rigonfiamento ed ispessimento della maculala zona centrale della retina.

La retina è la membrana complessa, vascolarizzata e sensibile che riveste la superficie interna dell’occhio e che rappresenta la struttura funzionale più importante per l’apparato visivo.

L’occlusione può colpire la vena centrale della retina e allora si definisce come occlusione della vena centrale (CRVO), oppure solo un ramo di essa si parla di occlusione venosa di branca retinica (BRVO).

La perdita della funzione visiva è solitamente indolore e può anche insorgere gradualmente nell’arco di giorni o settimane.

I fattori di rischio sono gli stessi delle alterazioni cardiovascolari che coinvolgono altri distretti corporei e cioè arteriosclerosi, ipertensione arteriosa, diabete mellito, iperlipidemia, obesità, fumo, occlusione della carotide. L’aumentata viscosità del sangue può esser un altro fattore di rischio, così come alcune patologie oculari, prima tra tutte il glaucoma (si riscontrano casi di CRVO 5-7 volte superiori rispetto a soggetti sani) e i traumi.

La diagnosi dell’occlusione venosa retinica avviene tramite l’esame del fondo oculare ed è confermata da esami strumentali che indirizzano al trattamento più adeguato e permettono di studiare l’evoluzione della malattia, cioè la fluorangiografia, per valutare la presenza di ischemia retinica, e la tomografia a coerenza ottica OCT, che permette di individuare la presenza di edema maculare e la sua risposta al trattamento.

La terapia per ottenere il miglioramento dell’acuità visiva ed una riduzione dello spessore maculare è farmacologica: si ricorre ad iniezioni intravitreali multiple con Ranibizumab e l’Aflibercept, farmaci anti VEGF, cioè che contrastano l’azione del fattore di crescita dell’endoltelio vascolare. Una valida alternativa è attualmente costituta dall’impianto intravitreale a lento rilascio di un altro farmaco, il desametasone). Tale dispositivo presenta, infatti, una efficacia di maggior durata nel ridurre l’edema maculare diabetico.

Il laser è impiegato per trattare le complicanze dell’edema maculare e la formazione dei neovasi.

Esistono infine alcuni rari casi particolari che prevedono l’approccio chirurgico.

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